Settore editoriale

Chi*** ***** (XX Anni)
Operaia addetta al confezionamento a Il Frantoio - Trevi
La Sapienza - Roma
Trevi,
Umbria
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Esperienza
Operaia addetta al confezionamento
Il Frantoio - Trevi
nov 2017 - dic 2017

          
          
Tirocinio formativo presso casa editrice
Il Formichiere - Foligno
ott 2016 - nov 2016

          
          
Educatrice
L'Incontro
lug 2016 - ago 2016

          
          
Educatrice
GMP Gaia
mag 2015 - giu 2017

          
          
Operaia addetta al confezionamento
Il Frantoio - Trevi
dic 2007 - dic 2007

          
          
Distribuzione volantini
Volantinaggio Foligno
giu 2004 - giu 2006

          
        
Formazione
Laurea magistrale in editoria e scrittura
La Sapienza - Roma
set 2014 - set 2017

          
          
Laurea triennale in lettere storiche
Università degli studi di Perugia
ott 2009 - apr 2014

          
        
Lingue
Inglese - Buono
Spagnolo - Buono
Informazioni addizionali
Attestati
                   Corso QGIS – HEC RAS 
                   Firstmaster - Corso introduttivo di editing editoriale
                   Firstmaster - Corso introduttivo di web writing
                   Firstmaster - Corso introduttivo di giornalismo, web journalism e     blogging    
                   Firstmaster - Corso introduttivo di scrittura e comunicazione efficace
                   Firstmaster - Corso introduttivo di tecniche di comunicazione
                   Firstmaster - Corso di guida al self - publishing

Pubblicazioni per la rivista Chiaroscuro - Foligno
Articolo rivista Chiaroscuro dicembre 1016

L’ASSOCIAZIONE GAIA ALLA SCOPERTA DELLA TERRA 
L’Associazione Gmp Gaia nasce nel marzo 2012 dall’idea di due amici, studiosi di scienze geologiche, che decidono di divulgare la loro passione per il territorio della nostra penisola e le proprie conoscenze in merito. Quella che vede inizialmente la presenza di cinque soci fondatori amplia pian piano il proprio raggio d’azione, proponendosi come scopo la tutela e la valorizzazione dei beni culturali e naturali, con particolare riferimento all’area dell'Appennino Umbro–Marchigiano. Ed è proprio all’interno di questo contesto territoriale che si vanno a snodare le varie attività di cui l’Associazione si fa promotrice, a partire dall’apertura della Mostra permanente nel Museo Geo-paleontologico di Assisi, in località Cà Piombino, in collaborazione con il Gump, il Gruppo Umbro Mineralogico-Paleontologico. All’interno del Museo, suddivisi in tre sale, vengono presentati differenti esemplari fossili rinvenuti nella regione o provenienti da varie zone d’Italia e del mondo, frutto di donazioni spontanee da parte di appassionati e studiosi. Si passa poi in rassegna l’evoluzione geologica del nostro territorio, soffermandosi in particolar modo sullo studio delle ammoniti, i reperti fossili più noti e diffusi nell’area del Subasio. Accanto a queste sono elencate le varie stratificazioni geologiche del suddetto monte e, per ognuna, compare l’esemplare di roccia e di fossile da esse ricavato. Non manca una comparazione con il contesto paleontologico europeo, testimoniato dalla presenza di resti di rettili preistorici provenienti da scavi francesi e tedeschi. In un’ulteriore sala sono esposte varie tipologie di rocce minerarie, anche queste provenienti da più parti d’Italia e del mondo. All’esterno della struttura è presente anche un’area in cui è possibile, per i bambini in visita al museo, effettuare simulazioni di scavo alla ricerca delle ammoniti. Questa è una delle molteplici attività didattiche che rientrano nel catalogo rivolto dall’Associazione agli istituti scolastici di ogni ordine e grado, regionali e non solo, ai quali viene offerta una vasta gamma di attività didattiche, diversificate in base alle differenti fasce d’età degli studenti. I laboratori, che prevedono sia incontri all’interno delle classi che uscite sul territorio, coprono i settori sia scientifici che storico-letterari, portando gli alunni ad avvicinarsi e ad approfondire, spesso in maniera multidisciplinare, elementi della paleontologia e della geologia, dell’archeologia e dell’antropologia, della botanica e della zoologia, della letteratura, della geografia e della storia delle nostre zone. Risulta centrale l’importanza che l’Associazione ripone nel patrimonio naturale, in maniera particolare per quanto riguarda l’Umbria. Al fine di divulgare la conoscenza di aree non sempre pienamente note agli abitanti della stessa regione, il gruppo di lavoro che ruota intorno a Gaia intraprende anche l’organizzazione di escursioni e visite guidate presso vari ambienti e fasce regionali, spesso culle di tesori naturalistici ed artistico-architettonici di grande valore. Avvicinare il maggior numero di persone possibili alla riscoperta del territorio e dei suoi patrimoni è uno dei propositi principali di Gaia. L’associazione stessa ha sede nel più piccolo comune umbro, Poggiodomo, che è una piccola perla immersa nel verde della Valnerina. Federico Famiani, geologo e vicepresidente dell’Associazione, della sua passione ne ha fatto un lavoro, ed espone così gli obiettivi e le finalità a cui aspira con le attività che propone: “Quello di Gaia è un progetto nato quasi per gioco, semplicemente frutto di una passione che non pensavo potesse trasformarsi in qualcosa di più. Ho sempre creduto fosse fondamentale tentare di valorizzare il patrimonio dell’Appennino e delle aree circostanti, in quanto offrono a tutti noi un bellissimo spettacolo a cielo aperto. Credo sia molto importante riavvicinarci a questo tipo di ambiente e poterlo conoscere sotto ogni suo aspetto, da quello naturalistico a quello geologico e storico. Anche per questo cerchiamo di investire le nostre offerte nelle scuole, perché è importante che i bambini, sin da piccoli, si approccino alla natura che li circonda e ai nostri territori, i quali costituiscono una risorsa fondamentale. In quanto geologo, non nascondo che uno dei miei fini sia anche quello di riuscire a scoprire nuove specie di ammoniti, che io considero i fossili per eccellenza e di cui il Subasio è ricchissimo. Mi piacerebbe inoltre realizzare un museo che possa garantire una mostra permanente e stabile, che possa contenere tutti gli esemplari fossili già scoperti e che sia un punto di aggregazione e di studio per quanti come me coltivano questa passione per la Terra e per i suoi tesori nascosti.” Giulia Mosca, naturalista e operatrice dell’Associazione, afferma: “In un momento storico in cui l’avvento della tecnologia ha quasi azzerato la componente più ‘naturale’ dell’essere umano, trovo che sia di importanza sostanziale tornare alle origini, ristabilire un contatto diretto con la natura e con la manualità. I ritmi sempre più frenetici imposti dalla società contemporanea hanno allontanato le persone dall’ambiente che le circonda e sarebbe bello far riscoprire, ad esse e ai propri figli, le potenzialità che da sempre la natura contiene in sé. Io adoro passeggiare, immergermi nella natura incontaminata, e le attività intraprese col mio gruppo di lavoro mi permettono di ampliare e approfondire questa mia passione. Recentemente ho guidato un’escursione a Polino, nell’area del ternano, e mi ha colpito molto il fatto che i partecipanti siano rimasti piacevolmente sorpresi nello scoprire territori che, seppur vicini ai propri luoghi di residenza, conoscevano solo in maniera approssimativa. E questo è un aspetto da considerare, in quanto in quasi tutta l’area della nostra regione possiamo trovare quelle che reputo delle ‘zone di nicchia’ da valorizzare.” Sulla stessa lunghezza d’onda troviamo anche un’altra operatrice dell’Associazione, l’archeologa Luana Zerenghi: “Ciò che apprezzo molto del mio lavoro è la possibilità di coinvolgere adulti e bambini in attività che, nella loro diversità, hanno come punto di incontro la conoscenza dell’ambiente che ci circonda e dei suoi valori, di quello che la natura può ancora insegnarci. Nei nostri laboratori didattici cerchiamo infatti di far avvicinare i ragazzi ai patrimoni ambientali che sono intorno a noi, di far capire loro quanto possa essere importante ridare valore alle nostre terre e alle loro risorse. Il nostro staff è composto da ragazzi con percorsi di studio differenti, il che ci permette di andare a coprire un ampio numero di settori disciplinari, da quelli umanistici a quelli scientifici. Ed è un’enorme soddisfazione riuscire a trasmettere anche solo una parte della nostra passione e suscitare interesse e coinvolgimento nelle persone con le quali ci troviamo a cooperare. Reputo importante che sin da piccoli i bambini possano avere la possibilità di approcciarsi in maniera semplice e genuina alla terra e alle discipline che ruotano intorno ad essa, poiché abbiamo intorno a noi delle ricchezze che vanno rivalutate e tutelate, beni dell’umanità ai quali è doveroso ridare il giusto valore.” La Terra e le sue ricchezze, dunque, al centro del progetto portato avanti da Gaia. Un progetto che si apre a grandi e piccoli, senza distinzioni; un progetto teso a recuperare i valori legati all’ambiente e alla natura, alle sue risorse e ai frammenti di storia e di civiltà che essi sono pronti a regalarci, se soltanto ci prendessimo del tempo per soffermarci ad ammirarli. Contatti: Associazione Gmp Gaia, Piazza Guglielmo Marconi 7, 06040, Poggiodomo (Pg) – 3397743826 https://www.facebook.com/Associazione-GMP-GAIA.  
Articolo rivista Chiaroscuro marzo 2017

OGGI CI SPORCHIAMO “Maestra Chiara, ma oggi ci sporchiamo!” Guardo la schiera di bambini avanti a me, un piccolo esercito di alunni pronto a sfidarsi nella caccia al fossile, e annuisco sorridendo. Sono in fibrillazione, finalmente potranno scavare con le loro mani alla ricerca delle tanto agognate ammoniti, che fino a quel momento si sono limitati a scrutare nelle bacheche di un museo. Siamo nel bel mezzo della boscaglia, accompagnati da un timido sole che fa capolino tra le fronde degli alberi e immersi in una vegetazione che inizia a cambiare il suo manto e ad aprirsi ai richiami della primavera incipiente. Quella che ci circonda è solo semplice e pura natura, un ambiente tanto ricco di sorprese quanto insolito per chi è invece abituato, già da piccolo, al cemento e alla frenetica modernità della vita cittadina. A conferma di ciò giungono alle mie orecchie le grida festanti dei bambini che si inerpicano insieme a me lungo il sentiero, pronti a gustarsi quelle poche ore di immersione in un ambiente che risulta loro quasi sconosciuto. Spinti dalla curiosità, non sembrano avvertire la fatica della salita e se si fermano per pochi attimi è solo per giocare con qualche filo d’erba, per sfiorare la superficie di alcune pietre dalla forma inconsueta o per restare ad ascoltare in silenzio i singolari rumori del bosco. Durante il cammino allungano la mano per accarezzare la corteccia degli alberi e per raccogliere qualche ramo caduto da usare come bastone, osservando guardinghi tra le piante alla ricerca di qualche animale che non si sia lasciato intimorire da questa insolita presenza umana. È bello leggere lo stupore e la meraviglia nei loro occhi, che scrutano sbalorditi la bellezza di un paesaggio in cui non sono abituati a muoversi ma che proprio per questo riesce a suscitare tanta sorpresa. Arriviamo nel sito predisposto allo scavo e la terra ancora bagnata a causa delle ultime piogge non impedisce a nessuno di loro di inginocchiarsi e di iniziare a ispezionare tra le rocce per rastrellare frammenti di fossili, con la speranza di poterli poi riportare a casa e conservarli come piccoli cimeli. C’è chi, più timido, si limita a spostare sassi con la punta delle dita per evitare di imbrattarsi troppo e chi invece, più temerario, non indugia ad infilare le mani nella fanghiglia e a rovistare tra le pietre. C’è anche chi, in un momento di pausa, tira impunemente fuori dallo zaino il proprio tablet per immortalare in una fotografia quei momenti, ma è giusto un attimo: è più forte il richiamo della terra e della sfida a chi riesca a trovare il maggior numero di fossili. Anche chi si era inizialmente mostrato più schivo si lascia infine trascinare dai compagni e si unisce al gioioso baccano che risuona nella radura e alla fine della mattinata non c’è bambino che non abbia infilato nelle proprie tasche sporche di terra almeno il frammento di una tanto ambita ammonite. Giunge però immancabile il momento di fare ritorno e, seppur controvoglia, imbocchiamo di nuovo il sentiero che ci riporterà verso casa. I bimbi sembrano stanchi ma si dichiarano entusiasti, appagati da quella che ai loro occhi appare come una divertente nuova avventura, e pazienza se più tardi la lavatrice avrà qualche panno in più da lavare o se sullo schermo dello smartphone ci sarà l’impronta di un dito un po’ infangato, oggi ci siamo rallegrati così, semplicemente sporcandoci con gli speciali colori della natura.




Articolo rivista Chiaroscuro settembre 2017

RINASCERE LONTANO Sono in volo da più di due ore e a breve inizieranno le manovre di atterraggio. Guardo i volti sconosciuti intorno a me e mi domando se dalle mie espressioni si possa intuire che sono una persona che sta fuggendo. Perché è vero, io sto scappando. Sono una donna in fuga da se stessa? No, sono una donna che scappa per cercare se stessa. Mi sono smarrita e ho paura di non riuscire a trovarmi più. La mia mente vola alla stessa velocità del jet che mi sta portando lontano e atterra bruscamente in quella realtà che sto cercando di dimenticare e alla quale ho detto addio senza nemmeno un messaggio di commiato. Non so se definirmi coraggiosa o semplicemente codarda, ma i lividi invisibili che solcano parti di me nascoste agli sguardi degli altri mi fanno capire che sto facendo la scelta giusta. Non ho cicatrici sulla pelle a testimoniare la ferite inflitte da quel compagno che aveva giurato amore eterno e che invece era diventato il manovratore dei fili della mia esistenza. Un burattino nelle mani di un manipolatore, ecco cos’ero diventata, senza piaghe in superficie ma che bruciavano come non mai. Una bella casa, una bella macchina, un uomo bello e ricco e innamorato al mio fianco: questo è quello a cui tutti pensavano guardandomi, spesso anche con un pizzico di invidia. Perché fuori dalle mura di casa era impossibile notare le crepe che intoccavano quell’uomo perfetto, il marito ideale che in realtà violentava la mia anima fino a farla diventare carta straccia. Lo faceva sentire potente rendermi una nullità, azzerare la mia personalità per poi obbligarmi a compiere tutto ciò che desiderava. E io ero diventata il suo zerbino senza volontà, il tappetino su cui pulire piedi troppo sporchi. Ho anche provato a ribellarmi, un tempo, quando presumevo di essere più forte. Ma nessuno mi aveva creduto, nessuno aveva dato peso alle parole di questa donna che cercava solo di infangare l’uomo che si era impegnato ad amarla. Tornava a casa ubriaco e mi picchiava? No. Allora di cosa dovevo lamentarmi? Come se fosse stato normale sentirmi ripetere ogni giorno di non valere niente e di dover solo ringraziare lui e i suoi maledettissimi soldi, ché altrimenti non avrei mai combinato niente di buono nella vita. Come se fosse stato normale sentirmi guardata dall’alto in basso da colui che aveva detto di amarmi e che invece aveva pian piano eliminato ogni mia certezza fino a farmi dipendere totalmente da lui, da un padrone che non sembrava lasciarmi alcuna via d’uscita. E io mi ero arresa. Come se tutto ciò fosse stato normale. Ho finto una felicità che non provavo e ho assecondato ogni sua scelta, convincendomi di valere davvero poco se lui era costretto a trattarmi come una fallita. In questo modo ogni suo sopruso diventava ai miei occhi una maniera, anche se balorda, di dimostrare il proprio affetto. Ho imparato a restare in silenzio e ad abbassare la testa, indossando ogni giorno una maschera di cui non andavo fiera ma che ritenevo necessaria per la mia sopravvivenza. Ché se la violenza fisica è un mostro che lascia segni su tutto il corpo, quella psicologica ti fa a pezzi l’anima, e tu in qualche modo hai bisogno di metterti al sicuro. Così sono passati gli anni e io mi sono lentamente trascinata insieme al tempo che trascorreva. Fino a che non ce l’ho fatta più, fino a che qualcosa dentro di me si è rotto definitivamente e dalle crepe di questa frattura è iniziato a uscire tutto quello che avevo represso negli anni, tutta la mia voglia di vivere, tutto il desiderio di reclamare il mio posto nel mondo. Un posto che non poteva di certo essere accanto a lui. Ho avuto paura, ho temuto di non farcela, di non essere in grado di reggere sulle mie deboli gambe tutto il fardello che mi portavo dietro, ma ho avuto pazienza, ho trovato la forza che credevo di aver smarrito e l’ho fatto: sono fuggita, sono scappata come un ladro di notte ma non avevo alternative, altrimenti avrei di nuovo capitolato di fronte al suo critico sguardo accusatore. Ho preso quel po’ di soldi che ero riuscita a mettere da parte e ho comprato un biglietto di sola andata verso un paese sconosciuto ma disposto ad accogliermi, dove per prima cosa proverò a far germogliare quel piccolo seme vitale che è ancora rimasto intatto dentro me. Torno a guardare sorridendo i volti degli altri ignari passeggeri, allaccio la cintura di sicurezza e chiudo gli occhi, pronta ad atterrare in una nuova realtà. Ciò che mi aspetta è ignoto, ma non potrà di certo essere peggiore di quello che mi sono lasciata alle spalle. Ho scelto di salvarmi così, di scappare per rinascere lontano da un’esistenza che non era più la mia. Ormai ci sono solo io, libera e incompleta, quasi felice.




Articolo rivista Chiaroscuro dicembre 2017

25 NOVEMBRE Il 25 novembre si celebra la giornata per l’eliminazione della violenza sulle donne. Questa data non è casuale, in quanto è stata scelta per ricordare le tre sorelle dominicane, rinominate “las mariposas”, che vennero uccise proprio il 25 novembre 1999 dagli sgherri del dittatore Trujillo. La loro colpa è stata quella di essersi opposte alla tirannia di un despota che non esitava a colpire quanti avessero provato a contrapporsi al proprio regime. Sono trascorsi quasi vent’anni da questi tristi episodi, ma il fatto che si continuino a indire giornate in memoria delle donne vittime di violenza è un dato purtroppo significativo, perché è sintomatico di un’ancora diffusa prevaricazione di quanti si arrogano un’autorità che non gli spetta: quella di considerare le donne come oggetti di seconda mano di cui disporre a proprio piacimento o sui quali riversare le proprie frustrazioni più profonde. E ci sono tanti tipi di violenza, alcuni che fanno più scalpore e altri che passano sotto silenzio, ma che non per questo fanno meno male, poiché i segni addosso rimangono in ogni caso. La mobilitazione delle istituzioni e dei più vari enti a favore dell’estirpazione di questo insano germe indica quanto sia ancora diffusa la pratica di dissennate azioni volte a calpestare la dignità di tutte quelle donne che non possono o non riescono a ribellarsi e a far sentire la propria voce. Si sta quindi insistendo sulla necessità di educare al rispetto della figura femminile, cercando di combattere la credenza secondo la quale la donna non sarebbe vittima bensì provocatrice, sobillatrice dei maltrattamenti perpetrati ai suoi danni. Ma non è concepibile che debbano ancora sentirsi frasi come “se l’è cercata”, parole dure che vanno a colpevolizzare le donne che si ritrovano vittime di violenza e ad assolvere invece chi questa violenza l’ha impunemente commessa. Per fortuna preconcetti di questo tipo sono osteggiati dalla quasi totalità della pubblica opinione e del sentire comune, ma fino a quando non si arriverà a comprendere il valore della figura femminile e dell’insensatezza della violenza, avremo sempre bisogno di giornate in memoria di quante sono state vittime di abusi figli dell’insicurezza e della più bieca vigliaccheria. 





Articolo rivista Chiaroscuro marzo 2018

DA FOLIGNO A SIVIGLIA 
Dora, 23 anni e una valigia in mano piena di aspettative e speranze, destinazione Siviglia. La vittoria di una borsa di studio per il programma Erasmus le ha offerto l’occasione di portare avanti gli studi universitari all’estero, in un ambiente totalmente diverso da quello italiano. Questa esperienza, oltre a garantire ulteriori possibilità accademiche, avrebbe significato anche mettersi in gioco e ricominciare da zero in una realtà sconosciuta ma non per questo meno intrigante. L’università si è rivelata accogliente e il metodo di studio efficace, tanto che, dopo aver prolungato il periodo Erasmus e aver concluso il corso di laurea triennale, Dora ha deciso di continuare gli studi in terra iberica, dove tuttora vive da ormai più di cinque anni. Tutto questo tempo trascorso in terra andalusa le ha dato la certezza di aver trovato anche molto di più di quello che aveva sperato all’inizio. Sebbene a livello lavorativo si sia dovuta adattare, poiché nella località in cui attualmente vive sono scarse le offerte di lavoro inerenti al suo settore di studio, quello della geografia, conduce una vita attiva e tutt’altro che monotona. Attualmente sta frequentando un dottorato di ricerca in geografia e ha da poco scoperto anche un’altra passione, quella per la fotografia. Le è risultato impossibile non notare le differenze esistenti tra il suo paese d’origine e quello in cui è stata accolta, in particolare per quanto riguarda lo stile di vita e l’atteggiamento della gente, molto legata alla propria terra e maggiormente accogliente e amichevole nei confronti degli stranieri che si ritrovano a vivere lì. Diverso è anche il modo di approcciarsi al mondo e alle problematiche ad esso legate: anche se spesso ingiuste, le difficoltà vengono affrontate sempre con un sorriso. Nonostante questa calorosa ospitalità, agli occhi degli spagnoli l’Italia appare intrisa di luoghi comuni. Se da un lato questa sorta di provincialismo la faccia sorridere, dall’altro la porta a difendere le proprie origini e la tipicità della propria terra, rendendola orgogliosa di essere italiana. Tanti anni trascorsi lontano da casa non sono comunque bastati ad alleviare il senso di nostalgia per quanto ha lasciato: ogni giorno è per lei inevitabile avvertire la mancanza della famiglia, degli amici, dei paesaggi e degli odori umbri, della lingua e del cibo, ma nonostante questo Dora è sicura di non voler tornare a vivere in Italia, almeno per ora. Questa esperienza è stata ed è tuttora molto significativa per lei, fonte di nuove consapevolezze che probabilmente non avrebbe scoperto rimanendo nella realtà italiana. Vivere all’estero le ha aperto la strada verso molte opportunità, ma questo è stato senza dubbio un processo complicato, soprattutto a livello sentimentale, perché ogni giorno si ritrova a combattere una lotta interiore tra la persona che è stata e quella che è diventata oggi, tra le sue radici e un futuro tutto da scrivere, tra la malinconia per quello che ha lasciato e il desiderio di scoprire quello che la vita ha ancora da offrirle. Ma anche di fronte alle inesorabili difficoltà che la sua scelta le ha posto di fronte, Dora non ha rimpianti: quello intrapreso è stato di sicuro il cammino giusto.